Corriere della Sera – 22 Novembre 2021

MILANO

22 novembre 2021 – pagina 7

Il nuovo stadio una necessità

I progetti alternativi? Virtuali

L’ex assessore Tasca: il restyling del Meazza non dà garanzie economiche
Potremmo iniziare parafrasando Boskov: «Investimento è quando qualcuno finanzia e si remunera con i flussi generati». Senza questa circostanza, tutte le parole cadono nel vuoto. È certo che sul Progetto Stadio convergono pareri da radici diverse: urbanistiche, economiche e politiche. Sulle prime e le ultime non intendo soffermarmi. Non sono di mia competenza. Le seconde si.

Partiamo dal mettere ordine su alcuni concetti base. La possibilità di ristrutturare lo Stadio Meazza è ipotesi esclusa dalle squadre. Ci sono profili di rischio: dove giocano le squadre nel frattempo? Immaginate lo svolgimento di gare di campionato e Champions durante i lavori di ristrutturazione? Ipotizzate che per tre o quattro anni le squadre giochino in stadi più piccoli lontani da Milano? Certamente ristrutturare e giocare tre volte a settimana per quattro anni espone al rischio di vedere lavori interrotti per ragioni diverse. Nessun investitore si assumerebbe questo rischio. Giocare via dal Meazza per tre o quattro anni impone costi insostenibili alle squadre, già gravate dai minori incassi da biglietti negli ultimi due anni. Tutto ciò già ammanta di irrealismo l’ipotesi, ma non smuove nessuna considerazione particolare nei principali interlocutori.

Di rilievo enorme sono invece gli aspetti economici legati al progetto. Le squadre milanesi per chiudere il divario che le separa dai principali competitor europei devono aumentare i propri ricavi di circa 100-130 milioni. Solo a queste condizioni l’azienda calcio può raggiungere un equilibrio di bilancio duraturo. Per farlo hanno bisogno anche di uno stadio che consenta loro di generare parte di queste entrate. Che sia il Meazza quello stadio o meno, è poco rilevante. Certo tutti sarebbero felici se il Meazza consentisse di raggiungere l’obiettivo. Ma in tre anni che ho seguito la vicenda, ho visto il progetto alternativo della coppia Aceti-Magistretti, ma non ho mai visto un piano economico e finanziario che consenta alle squadre di raggiungere gli obiettivi di ricavi identificati e tale da rendere economico investire in questo progetto. Qualcuno lo presenterà per sostenere la ristrutturazione del Meazza? Senza queste certezze, il progetto di ristrutturazione rimane un’alternativa architettonica. Non certo un potenziale investimento, perché Boskov ci aveva già spiegato l’evidenza delle piccole cose. Quindi, è necessario uno stadio nuovo. È perciò indispensabile che sia assicurato un piano economico finanziario che renda attrattivo l’investimento. È chiaro che il significato di attrattivo implica la coniugazione di esigenze urbanistiche della città con obiettivi di redditività realistici, misurabili preventivamente e monitorabili nel tempo, e rispetti per compatibilità le richieste del territorio. Ma che cosa accadrebbe se, per ipotesi, le squadre decidessero di cercare un altro luogo dove costruire il proprio stadio di proprietà? Sono coloro che sostengono la ristrutturazione del Meazza disponibili a farsi carico delle conseguenze che il suo abbandono avrebbe per il bilancio del Comune? La convenzione in essere, predisposta da Sergio Scalpelli nel 2000, oggi tra i sostenitori del sì, prevede che le squadre paghino annualmente 10 milioni di euro al Comune. Metà con lavori di manutenzione e metà in contanti. Al Comune, il mantenimento annuale dello stadio costa circa 7/8 milioni, escludendo il campo da gioco. Chi coprirà i costi se le squadre dovessero andare altrove? Che ne sarebbe dell’infrastruttura?

Personalmente credo, non solo perché ho lavorato con lui per oltre cinque anni, che la strada tracciata dal sindaco sia la migliore: consentire alle squadre di costruire un nuovo stadio, negoziando con loro condizioni economiche corrette, una visione urbanistica che consenta di migliorare le condizioni della zona, e che permetta però alle squadre di investire dove ritengono opportuno farlo. E che tutti si assumano le proprie responsabilità, riducendo l’aspirazione alla visibilità, non chiamando investimento un puro progetto architettonico alternativo, semplicemente perché nessuno è disposto a finanziarlo. Oppure, proporre un serio progetto d’investimento alternativo. Milano ha bisogno di onestà intellettuale e professionale, e le squadre milanesi di un nuovo stadio.

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