Non siamo affatto ritornati alla casella di partenza di questo gioco dell’oca “San Siro“, durato oltre tre anni e mezzo. Siamo alla casella finale, poiché si è evidenziato con nettezza che non c’era e non c’è alcun “interesse pubblico” nel progetto dei due fondi finanziari stranieri, dalla proprietà incerta e anzi in grave crisi economica (come dimostra l’abbassamento del rating per il fondo che controlla la Inter spa).
E sarebbe ben strano che il Comune (o comunque il contribuente pubblico) spendesse dieci milioni per sistemare tribuna d’onore e spazi per la stampa nello Stadio di San Siro, come chiesto dal Comitato Olimpico internazionale che settimana scorsa ha ribadito la validità del Meazza – per poi demolirlo.
Immagino che il Sindaco e la sua “portavoce” allo sport abbiamo spiegato al CIO che, nei loro intendimenti, durante la cerimonia di apertura dei XXV Giochi olimpici invernali il 6 febbraio 2026, ci sarà tutt’attorno un gigantesco cantiere, e che, subito dopo, il “nono stadio d’Europa in termini di capienza” (così nella presentazione del sito del Comitato MilanoCortina 2026), verrà demolito e al suo posto verrà costruito un grande centro commerciale (80.000 mq. ovvero più dell’area che oggi occupa il mitico San Siro).
E che la demolizione del Meazza non sia un “interesse pubblico” è dimostrato dal vincolo che nel 2025 scatta per i 70 anni del secondo anello. E oggi giustamente il Ministero smentisce un parere di un organo amministrativo, fatto passare per “sovrintendenza” dall’assessore alla “degenerazione urbana”. Si noti che la Sovrintendenza di Milano nel 2019 si era dichiarata non favorevole alla demolizione del Meazza e che poi il Comune nel 2020 aveva chiesto un parere alla “segreteria lombarda del Ministero dei beni e delle attività culturali”, non alla Direzione centrale delle Sovrintendenze, come sarebbe stato d’obbligo.
Giusta e sacrosanta, e direi anche dovuta, è quindi la decisione del sottosegretario Vittorio Sgarbi di salvare anche dal punto di vista storico, culturale ed etnografico un monumento simbolo della città e dell’architettura e dell’ingegneria, moderna e milanese.
Vale la pena ricordare che la stessa legge sugli stadi prevede prioritariamente il “recupero”, e, nel caso del Meazza, il riutilizzo dello stadio esistente.
In questo giorni, poi, è venuto a galla che l’affitto dello Stadio per i concerti (nel 2023, per di più, si andrà oltre il limite posto dalla convenzione tra Comune e concessionario) produce delle entrate che superano i costi della convenzione.
Di fatto cade l’altra panzana per cui lo stadio costerebbe al Comune se le squadre andassero via. Per inciso, le squadre avrebbero dovuto sistemare i servizi igienici e i seggiolini, che sono una vera indecenza, o almeno il Comune nell’ambito della convenzione avrebbe dovuto richiedere lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, per la conservazione e la valorizzazione del proprio immobile.
Comunque, a differenza di quattro scritto dal prode assessore-veggente (“è presumibile che non ci siano società interessate a San Siro, oltre all’Inter e al Milan”), si è fatta avanti una grande società internazionale (gestisce oltre 350 impianti nel mondo) che è disposta a gestire San Siro, con le due squadre, con una squadra o anche senza le squadre.
E questo potrebbe anche risolvere il problema della sistemazione dell’esterno di San Siro, per sostituire alla distesa d’asfalto dei parcheggi, un ampliamento del verde ponendo quindi le basi per la creazione di un esteso parco quale grande funzione urbana. Ciò abbatte anche l’ultima trincea in cui si rifugiano i “giapponesi”, che non hanno ancora capito di avere perso la guerra: quella per cui il mega progetto edilizio di oltre 80.000 mq di costruzioni più lo stadio “moderno” sarebbero preferibili alla opzione zero, ovvero lasciare la situazione così com’è.
Del resto la vicenda “San Siro” è piena di panzane disseminate lungo questi tre anni e mezzo.
Quella per cui per ristrutturare il Meazza, le squadre devono andare a giocare altrove: nel 1954-1955 si costruì il raddoppio dello stadio, inglobando il primo anello senza interrompere campionati e coppe. Così fu per il terzo anello 1989-1990, che inglobò il primo e il secondo anello. E oggi con le moderne tecnologie, è dimostrato che si può ammodernare e lo stadio senza problemi per il campionato e le partite di Champions.
Quella per cui lo stadio “di proprietà” sarebbe indispensabile per la competitività delle squadre in Europa.
La vicenda degli ultimi anni della Juventus smentisce questa tesi. Inoltre, da uno stadio in coabitazione e in concessione come il Meazza si andrebbe ad uno stadio in concessione e in coabitazione. Per di più, meno capiente, e pensato solo in funzione dei diritti televisivi e delle “corporate hospitality”, con il risultato inevitabile – per la legge della domanda e dell’offerta che i prezzi dei posti per gli spettatori aumenterebbero.
Quella che il nuovo stadio ci metterebbe in linea con le esperienze europee: in realtà in Europa, quasi tutti i club sono proprietari o concessionari esclusivi dei loro stadi, dove tutte le società (tranne il Bayern Monaco) hanno deficit paurosi, e dove fondi e proprietari immettono ogni anno centinaia di milioni di euro per coprire i rilevanti disavanzi delle società, dovuti alle folli spese per l’acquisto di calciatori, alle commissioni agli agenti, agli stipendi assurdi e fuori ogni logica di mercato. Stando all’indagine sulle squadre di calcio italiane siamo in presenza di debiti per oltre tre miliardi.
Del resto, se lo stadio nuovo fosse così urgente e necessario, in questi tre anni e mezzo, Scaroni e compagnia bella avrebbero già tirato fuori i soldi per costruirsi lo stadio a Sesto San Giovanni o a San Donato Milanese o a Porto di Mare (soluzioni, queste ultime due, migliori anche per le infrastrutture di trasporto, pubblico e privato). Invece aspettano il 2027, ben nove anni, per ottenere il loro “indispensabile” risultato. Segno che più dello stadio, importa loro le concessioni edilizie su una area pubblica di 280.000 mq., per cui le future costruzioni hanno un valore aggiunto maggiore di quelle che si potrebbero realizzare in altre aree dentro e fuori Milano. Senza contare il “favore”, destinato ai proprietari dell’aree del Trotto, con la demolizione di un bene pubblico come il Meazza: sono evidenti i vantaggi per la vendita di abitazioni senza l’incombente presenza del glorioso Meazza.
Appare poi veramente ridicola la visione milanocentrica, per cui se Milan o Inter o tutte due vanno fuori città, Milano perde il calcio. Visione bislacca tenendo conto che la fortuna di Milano è quella di avere un hinterland che sorregge la città e che è parte integrante di Milano. La città metropolitana esiste nei fatti: il limite è che non è governata, non è considerata dagli amministratori di Milano e anche dai giornali.
Ed è davvero curioso che Comune e giornali non facciano una piega di fronte alla destinazione fuori Milano, del Besta, dell’Istituto dei Tumori e delle facoltà scientifiche, in sostanza che si svuoti Città Studi ( per farne che cosa?) e che invece si tema come una catastrofe se Milan e Inter vanno via da Milano.
Curioso e fa pensare alle priorità che hanno in testa gli amministratoti pubblici e gli organi di informazione e fa venire in mente le parole di Monsignor Delpini sulla urbanistica milanese.
Che il Sindaco Sala sia in difficoltà è del tutto evidente dalla sua uscita, di fronte alle posizioni di Diego Abatantuono contrarie alla demolizione di San Siro: «La mia ipotesi preferita era e continua a rimanere il mettere a posto San Siro ma se le squadre non ne vogliono sapere, io non è che posso ledere i loro diritti».
Inventarsi dei “diritti” inesistenti – oltretutto diritti di privati su beni pubblici (il Meazza e una grande area di proprietà comunale) – non aiuterà il Sindaco a ricompattare una maggioranza attorno ad un progetto che non risponde a nessun “interesse pubblico”. Anzi il rischio è che il Sindaco, la Giunta e i consiglieri comunali – che voteranno per stendere un progetto definitivo e poi uno esecutivo di una operazione che non si potrà realizzare – siano chiamati dalle società a pagare i danni per i costi dei progetti realizzati sulla base di
delibere comunali, senza validità.
Incombono poi eventuali danni erariali per tutte le procedure – compresa la telepromozione del “dibattito pubblico” con l’assessore Tancredi nei panni di Robertino – che hanno comportato dei costi a carico dei contribuenti.
Sarebbe stato saggio seguire la nostra proposta di un bando internazionale per l’ammodernamento, la gestione di San siro e la sistemazione dell’area circostante, e non si sarebbe perso tutto questo tempo. Ma come si dice “ quos Deus perdere vult, dementat prius”. Peccato che nel caso di amministratori pubblici, ci vadano di mezzo anche i cittadini.
“Aguzza qui, lettor, ben gli occhi al vero
ché ’l velo ora è ben tanto sottile
certo che ’l trapassar dentro è leggero”
Dante Purgatorio Canto VIII, 19-21
Luigi Corbani
Per il Comitato SiMeazza
(lunedì 19 dicembre 2022)