Oggi compare su alcuni quotidiani una lunga intervista ai rappresentanti del fondo americano Elliott e della società cinese Suning, formalmente proprietari pro tempore dei due club di calcio Inter e Milano.
In tutta l’intervista non si fa cenno al fatto che le aree sono pubbliche.
La chiave di lettura della intervista non sta in quello che si scrive ma soprattutto in quello che non si dice: il Meazza e le aree interessate sono pubbliche, non sono di proprietà del fondo americano e della società cinese.
Al posto del Sindaco, che rappresenta i milanesi proprietari dello stadio, parlano Scaroni e Antonello che sono degli affittuari, che dicono al padrone di casa che deve demolire la sua proprietà per fargli costruire (agli affittuari) un altro stadio, a spese del Comune e dei cittadini milanesi. Quale stadio non si sa, visto che non è stato ancora deciso il progetto su cui puntare.
Razionali con i soldi degli altri
Secondo il gatto e la volpe, quelli che vogliono salvare un simbolo di Milano, un bene materiale e immateriale di Milano sono dei “romantici” e quelli che lo vogliono distruggere nella logica dei loro affari con una operazione speculativa (chiamiamola con il suo nome) sono “razionali”. E detto da Scaroni, con l’accompagnamento di Antonello, e l’avallo del Sindaco, non è per nulla accettabile per molti motivi. Anzi appare sgradevole.
Vogliamo?
“Vogliamo infrastrutture che ci garantiscano risultati a livello europeo”. Intendono risultati economici. Per quelli sportivi non basta lo stadio che peraltro, caso unico in Europa, sarebbe in concessione al fondo americano e alla società cinese per 90 anni per poi essere restituito al Comune. Caso anomalo e unico in Europa per società che hanno vinto la Champions League. Peraltro in Europa, i club non hanno in comproprietà lo stadio, ma ciascuno è proprietario del suo impianto o ha in concessione lo stadio pubblico (come a Parigi, per citare un caso in cui sono coinvolti quelli del Qatar di casa a Milano).
Ma anche in relazione agli aspetti economici, le vicende nel mondo confermano che lo stadio di proprietà non rappresenta la soluzione di tutti i problemi economici: non lontano da qui c’è l’esempio della Juve che, quanto a bilanci, non è che stia benissimo.
Si può fare con l’ammodernamento del Meazza in San Siro
Il Real Madrid con i soldi suoi si ristruttura il suo stadio, con un intervento molto ampio e invasivo, costruendo più terreni di gioco e con la copertura. Anche il Real Madrid ha problemi di bilancio, ma non si è rivolto al Comune per farsi finanziare. È ridicolo pensare che il nuovo stadio risolva il problema di due società che in questi anni hanno avuto perdite di bilancio consistenti. Forse sarebbe il caso di rivedere la gestione invece di puntare su una operazione immobiliare.
Dal 2014 al 2021 le due società hanno chiuso i bilanci con perdite per oltre 1 miliardo e mezzo. Solo nel 2021 il Milan ha avuto 98 milioni di perdita con debiti per 286 milioni mentre l’Inter ha avuto 246 milioni di perdita con debiti per 827 milioni.
Le società americana e cinese non c’entrano nulla?
La barzelletta del momento.
Curiosamente, si gioca alle tre tavolette: “le squadre di calcio sono competitive con il nuovo stadio e la proprietà delle squadre di calcio non è collegata allo stadio.” Discutere con quelli che pensano che gli altri siano fessi non è il massimo della vita; se poi vogliono fare gli affari, con la subalternità del Comune, la faccenda si fa molto irritante e offensiva.
Vogliamo fare, ma su aree pubbliche e con le volumetrie concesse dal Comune.
Il loro “vogliamo” è “vogliamo fare con i soldi degli altri” perché loro non hanno intenzione di metterci un quattrino. Perché quando dicono che “siamo all’interno dei parametri del PGT” non dicono che si tratta di aree pubbliche su cui loro vorrebbero costruire per ricavare i soldi con cui finanziare un nuovo stadio: il nuovo stadio è solo un pretesto per l’operazione immobiliare finanziaria.
Se si conservasse il Meazza, non avrebbero alcuna giustificazione tutta la volumetria e il cemento che che i rappresentanti del fondo americano Elliott e la società cinese Suning hanno chiesto prima in modo esagerato, senza pudore alcuno, (0,63, circa 184.000 mq.), poi abbassando leggermente (a 0.51, circa 149.000 mq.) e infine tornando alla soglia massima prevista dal PGT (0,35, pari a circa 102.000): se il Comune volesse, si potrebbe realizzare di meno. Con una notevole faccia tosta, adesso dicono che sono dentro i limiti del PGT: peccato che le aree non siano loro.
Vendendo a 12.000 al mq. si fa circa oltre 1 miliardo e 200 milioni:: ribadiamo, realizzati su aree pubbliche, di proprietà non di Inter e Milan, ma del Comune, che gentilmente si presta.
Non è speculazione, è un saccheggio
Le due società hanno proposto l’iradiddio, ma non è speculazione, no, ci mancherebbe. Certo la speculazione era su aree private; ma qui, una volta si sarebbe detto, è un saccheggio: interessi privati su beni pubblici.
Ricostruiamo, per chi si è perduto le puntate precedenti, cosa hanno proposto, ripetiamo per l’ennesima volta, su aree pubbliche: grattacielo da 16 piani alto 82 metri, su 19.000 mq, per uffici; grattacielo da 29 piani alto 152 metri, su 28.000 mq, per uffici; grattacielo da 15 piani alto 77 metri, su 12.000 mq, per hotel; Centro congressi da 2 piani, su 4000 mq; Centro commerciale su 1.650 mq e poi il cosiddetto “Distretto sport e intrattenimento” con centro commerciale Mall da 3 piani su 75.350 mq ed edificio intrattenimento (cinema) su 9000 mq.
Altri uffici in epoca di smart working o co-working, e altri centri commerciali in epoca di vendite on line, consegne a domicilio, liìmitazuoni del traffico, ecc. In controtendenza con tutto quello che avviene nel resto del mondo.
Da tutto quanto affermato, si evince che le due società straniere non ci mettono un quattrino ma con arroganza dicono al Comune cosa deve fare.
La pistola scarica: vanno fuori Milano? Prego, si accomodino…
La minaccia di andare fuori Milano è una pistola del tutto scarica, poiché il valore delle aree fuori Milano è notevolmente inferiore a quello di San Siro. E anche lì, con quali soldi? E poi il “Giorno” ha già spiegato che a Sesto San Giovanni non c’è posto sulle aree ex Falck.
Se le due società riuscissero a trovare dei finanziatori (magari arabi, come si vocifera) per costruire fuori Milano, sarebbe cosa buona e davvero europea: ciascuna società avrebbe uno stadio di sua proprietà e il Meazza potrebbe essere riadattato per una sola società o servire per tante altre attività sportive e di spettacolo.
Potevano risparmiarsi la frase sulla subalternità del Sindaco: poco elegante da parte loro
“ll Sindaco ha fatto sua la nostra proposta, dopo la tregua elettorale!” dice Scaroni. Senza parlarne in campagna elettorale e con un blitz in Giunta, senza avere l’onestà politica di spiegare le sue ragioni al Consiglio Comunale, apprendiamo da Scaroni e Antonello come stanno le cose: il Sindaco ha sposato le tesi delle due società.
Ed oggi il Sindaco si rende conto che si è infilato in un “cul de sac” e cerca una via di uscita: fa ricadere sulle squadre il compito di “convincere i nostalgici oppure chi è contro l’idea ne deve parlare con le squadre più che con me”.
Dal “decido io” al “sono in mezzo”: aspettiamo solo che si metta dalla parte dei cittadini milanesi che non solo nostalgici, ma difendono i simboli della loro Milano.
San Siro non è idoneo, dicono loro
San Siro ha appena avuto, a settembre, il visto della UEFA per gare internazionali e il certificato di idoneità dagli uffici di verifica tecnica del Comune ma per i due “ha fatto il suo tempo”, ovvero non è un business, perché “non garantisce la capienza necessaria, visto che si scendeva sotto i 60.000 posti né l’aumento dei ricavi”.
Secondo più di un progetto, l’ammodernamento di San Siro consentirebbe più di 60.000 posti e anche i box per le aziende e tutti i derivati per aumentare i ricavi. E l’intervento non sarebbe invasivo, come invece sostengono americani e cinesi per i loro interessi.
San Siro, è vero, avrà cento anni quando ci terrà la cerimonia inaugurale delle Olimpiadi invernali 2026. Ma San Siro è una sedimentazione di interventi, a spese del Comune, che di fatto lo rende uno stadio perfettamente agibile: dopo i lavori per “Italia 90” (senza alcun fermo di partite) e dopo quelli del 2016, per un totale di investimenti pubblici di oltre 150 milioni negli ultimi trent’anni.
Lo stadio Meazza per le Olimpiadi 2026
Il piano immobiliare Scaroni_Sala doveva tenere conto che fino al 2026 non si può abbattere San Siro: in questo periodo, lo si potrebbe pertanto ammodernare, facendo lavori senza interrompere ila serie A o i tornei internazionali. Ma questo è troppo “risparmioso”. Facciamo due conti: operazioni immobiliari su aree pubbliche per 1,2 miliardi, costo stadio nuovo 650 milioni, 45 milioni per demolire il Meazza… rimangono 505 milioni: che destino avrà questo surplus? Beneficenza per il quartiere? Altra bufala.
Il verde diminuisce
Bufala come quella che prevede il verde: in realtà si usa il verde di via Tesio (5,5 ettari), davanti alle case esistenti, per costruire il nuovo stadio e abbattere il Meazza, che sta di fronte a case che stanno per essere costruite sul vecchio ippodromo del trotto. Così il verde pubblico si riduce a 2,6 ettari, ma forse calcolano il verde sui tetti e i gerani delle case di via Tesio.
Ma c’è di più viene il sospetto che ci sia qualcosa di combinato tra operazione ippodromo e operazione nuovo stadio. Infatti il Municipio7 scrive : “Oltre alla realizzazione (sull’ippodromo del trotto) di volumetrie di residenza libera per Mq 46.041 dovuti all’applicazione dell’indice UT di 0,35 mq/mq, è indicata come prevista la realizzazione di “Servizi di interesse pubblico o generale” per mq 52.189 e nello specifico di “servizi abitativi sociali in locazione” per mq. 43.378. Tali realizzazioni porterebbero il totale dell’indice UT a circa 0,70 mq/mq. La realizzazione dei servizi citati porterebbe al raddoppio dell’indice UT” e più avanti chiede che “la realizzazione di tali servizi abitativi sociali in locazione, dato l’estremo impatto sul consumo di suolo, sia vincolati a tariffe di locazione realmente sociali ed economicamente sostenibili per famiglie monoreddito.“
E quanto sarà realmente la volumetria su tutto il comparto “nuovo stadio”? Sarà lo 0,35 o finirà come per l’ippodromo?
Ristrutturare il Meazza costa meno, e questo non va bene ad alcuni
La verità che ristrutturare il Meazza costa meno e quindi si vuole abbatterlo per un “nuovo stadio con 60 mila posti, di cui 12.500 premium (quelli per le aziende) un costo di 65° milioni e tre anni di lavoro”
Come scrive l’architetto Elena Brusa Pasqué “Non è etico spendere circa 45 milioni di euro, come ho visto scritto in alcuni articoli , per demolire il Meazza, senza contare che nessuno prende in considerazione dove trasferire i milioni di mc di materiale da smaltire in discariche “chissà-dove”, nonché materiali inquinanti da smaltire insieme al cemento che andranno ad inquinare altri luoghi …. Traferiremo metri cubi e metri cubi di rifiuti in altro luogo. E così noi paghiamo le scelte sbagliate di una politica che si riempie la bocca di parole come “Sostenibilitá, ambiente, paesaggio, tutela ed economia circolare” e poi fa scelte opposte. Trovo davvero poco etico insistere su costruire un nuovo stadio quando investendo sul Meazza si può avere uno stadio straordinario. Teniamo poi presente che il futuro è digitale e se ieri servivano stadi con 70/80000 posti adesso servono quelli da 40.000 con tutti i servizi necessari. E il Meazza ha tutte le potenzialità per trovare tutti i servizi necessari al suo interno e poi ha un valore immateriale indistruttibile fatto di storia di memoria e di architettura da valorizzare e salvaguardare.”
Il danno ambientale della demolizione
Naturalmente non si prende minimamente in considerazione quanto danno ambientale (polveri, Pm10, rumore, disagio) ci sarà per gli abitanti della zona, a causa della movimentazione dei camion per il materiale di scavo, per il materiale di cantiere: 161 camion al giorno, tutti i giorni, dal 1 gennaio 2023 al 30 settembre 2026. Poi c’è la demolizione del Meazza, oltre a quello che produrrà sull’ambiente, in sette anni, dal 1 marzo 2026 al 31 dicembre 2033, ci saranno da movimentare 188.860 mc di demolizione con minimo 7 camion al giorno tutti i giorni per sette anni. Per darvi una idea, della dimensione dello smaltimento, si tratta di creare una fossa di 10 metri di larghezza per 10 metri di altezza lunga un chilometro e novecento metri, come da piazza Cordusio all’Arco della Pace; ed è come se demolissero il Pirellone (165.000 mc) o metà del Duomo di Milano (440.000 mc.)
La demolizione del Meazza e il nuovo stadio: un progetto senza senso
Scrive sempre Elena Brusa Pasqué: “La demolizione del Meazza, con la costruzione di un nuovo stadio al suo fianco, é un progetto “senza senso” e contro tutti i principi fondanti dell’architettura di oggi che deve essere “sostenibile” “etica” e “circolare”. Niente sprechi edilizi e di consumi non solo di suolo ma anche di processi edilizi sbagliati.
Oltre tutto il Meazza nel tempo è stato ben progettato; la visibilità dalle gradinate è buona; la capienza ottimale, e oltre tutto è un luogo iconico amato da milanesi e non solo, considerato simbolo della città dopo il Duomo e la Scala.
Adesso noi tutti siamo chiamati a “sostenere” anche il caos prodotto dall’agire sbagliato di chi non ha il coraggio di fare scelte in difesa di un territorio, della sua storia, del paesaggio e dell’ambiente. Noi siamo Lombardi e non di Dubai, amiamo l’autenticità, quella vera, quella che si è sedimentata, anno dopo anno, decennio dopo decennio, realizzando una bellezza non riproducibile che unisce storia e memoria all’architettura. Il mondo ci invidia questo patrimonio immateriale e materiale che abbiamo e che possiamo abilmente trasformare e innovare per essere al passo con i tempi e con gli usi. Non siamo né conservativi né nostalgici. Siamo solo persone di buon senso. Io ringrazio tutti coloro che stanno lavorando per invitare la politica a riflettere”
Per il Comitato SiMeazza
Luigi Corbani
Milano, 2 dicembre 2021