Pubblichiamo il contributo di Marta Boneschi,giornalista, saggista e scrittrice, innamorata di Milano e alla donne di milanesi alle quali ha dedicato tanti libri. Non potendo partecipare alla assemblea di oggi, ci ha mandato questo suo scritto.
Sono contraria alla demolizione dello stadio di San Siro e resterò contraria fino a quando qualcuno non spiegherà a me e ai milanesi di discreta intelligenza (da “intelligere” cioè capire) le ragioni della sostituzione. Ho avuto modo di parlare e di leggere le ragioni di chi sostiene la demolizione, e più che spesso mi sono sentita come Renzo di fronte al “latinorum” (spero che qualcuno ancora legga “I promessi sposi”, soprattutto in tempi di pandemia, dove i cortei di no vax somigliano terribilmente alle processioni propiziatorie della peste del 1630, tanto contagiosi quanto dogmatici). Mi sono sentita insomma come una poveretta che sta per essere truffata con espedienti astrusi.
Ho visto sorgere lo stadio, quello con le rampe così armonioso, quindi ammetto che ho una spinta sentimentale alla conservazione, e non mi piace tanto l’ampliamento delle torri, ma credo che il catino profondo che si è creato con i mondiali del 1990 sia originale e susciti qualche emozione a chi contempla dall’alto. I sentimenti e le emozioni devono avere una parte nel dibattito sulla costruzione e ricostruzione di. una città, anche se non una parte primaria. Non si può sempre considerare il denaro come dirimente di ogni scelta che pesa sui contemporanei e sui posteri. Sulle considerazioni economiche e sugli interessi delle banche è stato distrutto il Lazzaretto, una grande perdita storica e artistica per Milano. Sulle opinioni e sui gusti dei milanesi invece è stato conservato lo spazio della ex piazza d’Armi, dietro al Castello, che doveva diventare un quartiere residenziale e che i cittadini di Milano hanno invece preteso – ascoltati dall’amministrazione – che diventasse il parco Sempione.
Dunque quel che auspico è che si riapra la discussione sulla sorte dello stadio di San Siro, una discussione democratica, cioè comprensibile a tutti quelli che votano, che vivono a Milano, che sono fieri di accogliere visitatori in città. Una discussione comprensibile e articolata che comprenda un ampio spettro di ragioni, oltre a quelle economiche, capace di scoperchiare moventi occulti e aspirazioni egoistiche, e mettere in luce invece gli aspetti eventualmente positivi del progetto. Una discussione capace di appassionare il numero più grande di milanesi, non solamente quelli provvisti di specializzazione tecnica, ingegneristica, finanziaria, calcistica. I milanesi che qui vivono, lavorano, si svagano, vedono crescere i figli e i nipoti.
Non è una cosa semplice, e d’altra parte niente è semplice nel mondo contemporaneo. Penso all’area della ex stazione delle Varesine che, dopo mezzo secolo di abbandono, si è trasformata in un boschetto di grattacieli per lo più vuoti, ma che è anche una delle poche zone semi centrali di Milano dove si vede un’ampia fetta di cielo e qualche po’ di verde dove è piacevole fare quattro passi. Dunque bella e brutta insieme, utile e inutile, perché niente è semplice nelle città contemporanee. Ma il metro di giudizio è uno solo: il più gran numero di abitanti deve trarne giovamento. Vorrei sapere se è così anche per San Siro e il suo futuro.
Potremmo anche cambiare parere, noi conservazionisti, ma soltanto sulla base di dati oggettivi, di una riflessione seria. In caso contrario, come in molti altri casi, lasceremo il posto a una rancorosa guerra civile senza sangue, quindi a un’eredità avvelenata da consegnare ai nostri discendenti, destinati a vivere in una città meno gradevole, a misura di speculatori e non di persone comuni. Non è per questo che molti di noi hanno votato una giunta comunale di sinistra. Vuole la giunta di sinistra convincerci del progetto, aprirsi a tutte le spiegazioni?
Marta Boneschi
(Milano 27 novembre 2021)